Miti e idee sbagliate sul microbioma
Umano e non (parte 1)

Tempo di lettura: 9 minuti

"Miti e idee sbagliate sul microbioma umano" è il titolo di un articolo uscito il 31 luglio 2023 su Nature Microbiology a firma di Alan W. Walker & Lesley Hoyles, con l'intento di attirare l'attenzione sulla crescente diffusione in letteratura di affermazioni non supportate, o poco supportate, da prove scientifiche.

Il solo leggere il titolo mi ha destabilizzata: "Quali sono questi falsi miti? Quali mi hanno colonizzata? Quali ho contribuito a diffondere?"
Dopo aver letto l'articolo, ho realizzato di essere stata infettata anch'io, come probabilmente la maggior parte di chi segue questo campo. Gli stessi autori del lavoro confessano di esserci cascati. 
E se anche se si parla di microbioma umano, il problema tocca anche il mondo del microbioma di cani e gatti.

Ma bando alle ciance. Le ragioni che hanno portato gli autori a scrivere questo articolo sono legate al potenziale impatto che gli studi sul microbioma hanno sulla salute, all'enorme quantità di finanziamenti in gioco e al crescente interesse del pubblico per il tema.
Contrastare il diffondersi di false dichiarazioni evita di spendere risorse limitate inutilmente e di minare la fiducia del pubblico nella scienza.

Nell'articolo vengono affrontati solo gli esempi più eclatanti.
Io qui riporto i primi 6 della lista, rimandando gli altri a un prossimo post.
Per non falsare il significato, ho tradotto il testo, ma ho aggiunto qualche approfondimento e nota personale nei box.
Per la bibliografia a sostegno di quanto affermato, rimando all'articolo originale

Ecco quindi il primo dei miti:

"La ricerca sul microbioma è un campo nuovo"

  • Negli ultimi 15 anni il ritmo della ricerca sul microbioma umano è notevolmente accelerato, ma non è un campo agli inizi. Affermare questo non rende giustizia all'eccellente ricerca che ha preceduto l'avvento del sequenziamento del DNA di nuova generazione (NGS).
    In realtà, c'è una ricca storia di ricerca sui microrganismi associati all'uomo almeno a partire dalla fine del XIX secolo: Escherichia coli è stato isolato per la prima volta nel 1885, i bifidobatteri sono stati descritti nel 1899 e Metchnikoff ha speculato sull'importanza dei microrganismi intestinali benefici all'inizio del 1900.
    Concetti come l'asse intestino-cervello sono stati studiati per secoli e gli impatti sulla salute dei principali metaboliti associati al microbioma, come gli acidi grassi a catena corta, sono stati segnalati per la prima volta più di 40 anni fa.

"Joshua Lederberg ha coniato il termine 'microbioma'"

  • Sebbene il premio Nobel Joshua Lederberg abbia ottenuto molti risultati notevoli nella sua carriera, non ha inventato la parola "microbioma". Questa affermazione spesso ripetuta è stata completamente confutata, con evidenze che la parola era usata nel suo contesto moderno oltre un decennio prima che Joshua Lederberg la usasse per la prima volta nel 2001.
    Sebbene relativamente banale, questo mito è un esempio di quanto sia facile per le falsità essere incorporate nella letteratura sul microbioma umano.

La referenza citata in questo paragrago è "History of medicine: Origin of the term microbiome and why it matters" di Susan L. Prescott su Human Microbiome Journal del 2017. 

E' un articolo molto interessante, con un leggero tono indignato, perchè la non corretta referenziazione può avere conseguenze più o meno gravi, e porta alcuni esempi eclatanti.

Nel 1986, Linda R. Hegstrand e Roberta Jean Hine hanno pubblicato uno studio rivoluzionario in cui dimostravano differenze significative nei livelli ipotalamici di istamina tra animali privi di germi e allevati convenzionalmente. In parole povere, hanno dimostrato che i microbi influenzano la chimica del cervello. (L.R. Hegstrand, R.J. Hine - Variations of brain histamine levels in germ-free and nephrectomized rats - Neurochem Res, 11 (2) (1986), pp. 185-191)
Enormi implicazioni!
Citazioni totali dal 1986 al 2017 = 3.
Oggi sono 42 su Google scholar, probabilmente grazie a questo articolo.

Nonostante legga di microbioma da molti anni, non avevo mai sentito nominare Hegstrand e  Hine, come del resto Renè Dubos, che nell'articolo è citato come uno dei precursori del microbioma: "È chiaro che molte caratteristiche ritenute inerenti a un individuo possono in realtà essere determinate dalla flora microbica del tratto intestinale" (Dubos e Schaedler 1960, p. 416).
Recentemente è stato pubblicato un articolo di Nicola Rasmussen  "René Dubos, la flora autoctona e la scoperta del microbioma", in cui l'autore esplora la ricerca degli anni '60 del biologo René Dubos, arrivato al concetto di superorganismo 40 anni prima del Progetto Microbioma Umano.
Li cito quindi esplicitamente per dare un micro-contributo alla corretta referenziazione.

Secondo la Prescot affermazioni per cui il termine "microbioma" è stato coniato nel 2001 oscurano la fonte di idee e scoperte originali, e riporta che "le citazioni e le attribuzioni errate sono una piaga nella scrittura scientifica moderna, con il 15-20% degli articoli che contengono errori di citazione importanti".
Ovviamente ci sono le fonti di questi dati  (G. de Lacey, C. Record, J. Wade - How accurate are quotations and references in medical journals? - Br Med J, 291 (6499) (1985), pp. 884-886; H. Jergas, C. Baethge - Quotation accuracy in medical journal articles-a systematic review and meta-analysis - Peer J, 27 (3) (2015), p. e1364).

L'autrice conclude spronando i ricercatori alla responsabilità:
"La sezione "introduzione" di tutti gli articoli – recensioni e lavori originali - prevede di scegliere le referenze. Queste scelte sono una questione di etica. E verità."

“Ci sono 10 elevato alla 12 cellule batteriche per grammo di feci umane”

  • Questa cifra è comunemente citata nella letteratura sul microbioma, ma la sua fonte è difficile da accertare. In ogni caso non è corretto. La cifra reale è tipicamente compresa tra "10x10" (10 elevato alla 10) e "10x11"  (10 elevato alla 11)  cellule microbiche per grammo di peso umido di feci, come accertata utilizzando vari metodi come la conta cellulare diretta, l'ibridazione fluorescente in situ, la citometria a flusso e la qPCR.

“Il microbiota umano pesa da 1 a 2 kg”

  • Sebbene questo sia menzionato molte volte in letteratura, spesso viene fornito senza citazione e gli autori non sono riusciti a trovare una fonte originale per questa affermazione. Tuttavia, è improbabile che sia vero. La maggior parte del microbiota umano risiede nel colon e questi microrganismi rappresentano tipicamente meno della metà del peso dei solidi fecali. Le feci umane medie pesano meno di 200 g (peso umido), con un contenuto totale del colon compreso tra 83 e 421 g, dato ricavato in un piccolo studio sulle vittime di morte improvvisa. Pertanto, a parte forse rari casi di individui gravemente stitici con materia fecale estremamente compatta nel colon, è molto più probabile che il peso totale del microbiota umano sia inferiore a 500 g, e forse anche considerevolmente inferiore in alcuni casi.

"Il microbiota supera le cellule umane di 10:1"

  • Questo mito è forse uno dei più pervasivi nella letteratura sul microbioma umano ed è quello che gli stessi autori, ammettono, hanno ripetuto acriticamente in passato.
    Un ottimo lavoro ha, tuttavia, dimostrato che questo mito sembra aver avuto origine da un calcolo fatto "sul retro di una busta" negli anni '70. Analisi più dettagliate indicano che la cifra reale è probabilmente più vicina a un rapporto di 1:1 (comunque impressionante). E' probabile che il rapporto vari da persona a persona, e dipenda da fattori come la dimensione corporea dell'ospite e la quantità di materiale fecale che si trova nel colon. Le stime attuali si basano in gran parte su osservazioni di individui adulti che vivono in paesi urbanizzati ad alto reddito. Stime più complete necessitano di dati relativi a individui che vivono in contesti rurali, o a basso reddito, ma anche dati raccolti lungo tutto il corso della vita.

“Il microbiota si eredita dalla madre alla nascita”

  • Sebbene le varianti di questa affermazione si trovino più spesso negli articoli scientifici popolari che nella letteratura scientifica, è un esempio di come le sfumature siano estremamente importante quando si descrive il microbioma umano. Sebbene alcuni microrganismi vengano trasferiti direttamente dalla madre al bambino durante la nascita, in proporzione poche specie sono veramente "ereditabili" e persistono dalla nascita all'età adulta nella prole. In effetti, la maggior parte dell'espansione della diversità del microbiota intestinale si verifica dopo la nascita, durante i primi anni di vita, e aumenta in modo più drammatico dopo lo svezzamento. Ogni adulto finisce con l'avere una configurazione unica del microbiota, persino gemelli identici cresciuti nella stessa famiglia. Pertanto, sebbene l'assemblaggio del microbiota non sia ancora del tutto compreso, le comunità microbiche adulte sembrano essere prevalentemente modellate da precedenti esposizioni ambientali stocastiche, nonché da molteplici altri fattori come la dieta, la terapia antibiotica e la genetica dell'ospite, con "eredità" diretta dalla madre alla nascita che gioca un ruolo minore.

Ammetto che la frase "Sebbene alcuni microrganismi vengano trasferiti direttamente dalla madre al bambino durante la nascita, in proporzione poche specie di microbiota sono veramente "ereditabili" e persistono dalla nascita all'età adulta nella prole", mi ha un po' disturbata e ho voluto approfondire

A sostegno, viene citato il recente articolo dell'ottimo ricercatore Nicola Segata del CIBIO di Trento: The person-to-person transmission landscape of the gut and oral microbiomes, Nature. 2023

Tramite analisi bionformatiche su circa 9700 metagenomi appartenenti a persone di diversi paesi, coinvolte in diversi studi, si è accesa una luce importante sulle modalità di trasmissione del microbioma.

Nel lavoro si evidenzia che "la trasmissione del microbioma intestinale da madre a figlio è considerevole e stabile durante l'infanzia (circa il 50% degli stessi ceppi tra le specie condivise) ". A tre anni il tasso di condivisione di ceppi è dimezzato, ma la condivisione rimane rilevabile anche in età avanzata, circa 18% in persone di 85 anni.
La convivenza ha un ruolo rilevante: il tasso medio di condivisione di ceppi è del 12%.


To be continued...

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 Referenza principale

 Walker, A.W., Hoyles, L. Human microbiome myths and misconceptions. Nat Microbiol 8, 1392–1396 (2023). https://doi.org/10.1038/s41564-023-01426-7

Barbara Simionati

Laureata in biologia con Master in Business and Management, ho lavorato per molti anni nell'ambito del sequenziamento del DNA e successivamente del microbioma. Ho co-fondato di due spin-off dell'Università di Padova: BMR Genomics e EuBiome. Attualmente sono amministratore di EuBiome e docente presso il Dipartimento di Scienze del Farmaco dell'Università di Padova.

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